domenica 14 dicembre 2008

Riporto un intervento che ho fatto in un forum sull'argomento fede.


Come ho sentito dire personalmente dal Card.Bagnasco e come comunque è noto, esiste una ragionevolezza del credere.

Per 'credere' sono fondamentali una buona conoscenza della materia e in seguito il vero e proprio atto di fede.
Vorrei dire qualcosa in proposito.

La buona conoscenza è fondamentale sia per chi critica, sia per chi si dice credente. L'analfabetismo religioso, come lo ha definito il Cardinale, non permette di approcciarsi alle questioni religiose fruendo della propria libertà in quanto persone dotate di intelletto e quindi ci si forma un'idea basata su convinzioni erronee, nella nostra società spesso create dai media o da correnti di pensiero dominanti.

Questo pericolo esiste anche nel senso opposto. Dirsi credenti senza conoscere quello in cui si crede (brevemente: la conoscenza della bibbia, della tradizione e della dottrina) è un'affermazione azzardata che nasconde in svariati casi una fede 'in generale', quindi molto debole di fronte agli attacchi esterni, quali potrebbero essere lo sconforto, l'incredulità, la vuotezza trasmessaci da molte realtà e inoltre poco motivabile di fronte agli altri ma soprattutto di fronte a se stessi e ai propri naturalissimi dubbi.

Fin qui ho parlato della conoscenza per giungere alla ragionevolezza del credere. Una persona che conosce i vangeli, la dottrina (e quindi il catechismo, per esempio), gli avvenimenti storici, la storia della Chiesa (etc...) ha una buona base per avere fede in Gesù e in quello che ha detto, la strada che ci ha indicato.

Entra qui in gioco l'atto di fede che, attenzione, non è un atto che parte dalla persona e va a cercare Dio.
Molti tra noi, tra cui me, hanno sicuramente sperimentato che noi non siamo in grado di trovare Dio se lo cerchiamo con elucubrazioni filosofiche.. O meglio, possiamo 'far finta', sperare, di averlo trovato.
Per quanto posso dire bisogna fare un passo più lungo della gamba, disporsi a ricevere Dio, con i sacramenti, con la preghiera, con la fiducia, con il riconoscimento del fatto che tutto si ricapitola in una persona vissuta 2000 anni fa; siamo noi a farci trovare.
Il peccato così si configura, 'semplicemente' come chiudere la porta, allontanarsi, disinteressarsi, consapevolmente o no. Non quindi un elenco di casi peccaminosi, ma un'unica grande risposta, un'unica grande porta da aprire un sì o un no: il famoso libero arbitrio :)

Questa non vuole essere una dimostrazione che la fede è facile, perchè è difficile discernere e districarsi tra i propri pensieri e gli stimoli esterni e canalizzare il tutto in un'unica direzione. Un forte aiuto è di sicuro la preghiera, apre la mente.

Ho scritto questo mattonazzo stimolato dall'affermazione di Chiara sul Credo quia absurdum est di Tertulliano, se non erro(probabile il contrario), con la quale non concordo pienamente.

io preferisco la arci-nota Credo ut intelligam, intelligo ut credam di S.Agostino.

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